Tanto per cambiare questo week end lungo mio marito è in giro per l'Italia. Ieri ero stata invitata all'inaugurazione della mostra dedicata a Živko Marušič alla sala Umberto Veruda di Palazzo Costanzi di Trieste e quasi quasi non ci volevo andare ma... alla fine mi sono autoconvinta che, visto che non chiedo mai nulla, mi ci voleva un po' di svago e i bambini avrebbero dovuto capire. Ed ho fatto bene, sono stati dei veri angioletti; nonostante il caldo sahariano e le moltissime persone hanno resistito ben mezz'ora e in premio hanno avuto una corsa in Piazza Unità d'Italia.
Inserisco, come di norma, qui di seguito una breve critica, la mostra mi ha decisamente entusiasmato!!!
"In mostra saranno proposti i lavori più classici dell’autore: dai paesaggi con figura alle figure isolate; in particolare degne di nota saranno le tele strette e sottili accostate a tele e a carte di piccole dimensioni, alcune di queste sono state realizzate in esclusiva per questo progetto e sono ancora del tutto inedite, mentre altre saranno opere storiche relative alla sua produzione degli anni Ottanta.
Živko Marušič è nato a Colorno (Parma) nel 1945, ed ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Venezia. Attualmente risiede a Capodistria. A partire dalla fine degli anni Settanta è stato un acceso fautore del ritorno della pittura alla consustanzialità della figurazione, collegandosi perfettamente, dal suo osservatorio istriano, fin dai primissimi anni Ottanta a un clima di fervore internazionale che va sotto l’egida della Transavanguardia, sigla estetica felicemente coniata da Achille Bonito Oliva, e che peraltro provvederà a dare spazio a questo bravissimo
pittore nel libro “La transavanguardia internazionale”. In questo senso il suo lavoro di quegli anni si collocherà dentro questa corrente pittorica di cui sarà, senza ombra di dubbio, il massimo interprete d’oltrecortina e che in Italia ha visto crescere autori come Francesco Clemente ed Enzo Cucchi.
Dopo aver realizzato, nel 1982, una memorabile mostra presso il Centro la Cappella di Trieste, ha poi lavorato negli anni sucessivi sempre in maniera discontinua con gallerie italiane e straniere. Al suo attivo ha numerose mostre in spazi pubblici e museali in Slovenia e Croazia. Il suo primo critico di riferimento è stato Andrej Medved.
L’allegra spensieratezza, lo sguardo ironico e distratto, il bianco addensante e sfilacciato dei primi dipinti degli anni Ottanta, l’esplosione dei suoi campi coloristici, ha poi lasciato lentamente il posto, nei suoi quadri successivi a una figurazione diversa, più contenuta e sottile, quasi popolare e intimista. In questi ultimi lavori la pittura è fluida e calibrata e se di poesia si vuole parlare viene da pensare a Umberto Saba: stesso modo di raccontare: semplice, fluido, anche se i soggetti e i luoghi raffigurati sono ovviamente diversi. Si tratta di immagini di volti, di persone, di fiori, di siepi e di figure contorte: siamo in presenza di un linguaggio appena sbozzato e diretto: la semplicità del linguaggio, il tratto essenziale, ridotto al minimo, evidenzia il senso di disagio dei soggetti rappresentati. La pittura introduce a un mondo dove il valore delle cose, il loro significato, è dato dall’indigestione e dal consumo caotico, quasi in una sorta di accumulazione che inebria, spingendo verso una volontà di potenza che implode in tutte le direzioni. I soggetti, pur in un atteggiamento di sottomissione, hanno una loro intangibile fierezza: accettano un qualcosa di imponderabile da un imprecisato qualcuno, che sembra esercitare un atto di forza nei loro confronti, quasi mettendoli in riga.
Le immagini di questi dipinti ci fanno sentire il reale, ma al contempo, con angoscia, ci ricordano un tempo lontano, una sorta di paese felice e primordiale che riaffiora dal profondo: un tempo storico dove la libertà dell’individuo non era assolutamente precaria."
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